Sono 258 su 305 i comuni abruzzesi che fanno parte delle “Località abitate instabili”. Termine con il quale il Pai - il piano per l’assetto idrogeologico dei bacini Abruzzesi e del bacino interregionale del fiume Sangro, realizzato dall’omonima autorità di bacino, adottato nel 2005 ed approvato nel gennaio 2008 – evidenzia le porzioni di territorio interessate da movimenti franosi anche in relazione all’altimetria e alla sismicità. Insomma l’85% del territorio Abruzzese è a rischio frane, alluvioni ed erosioni. I comuni catalogati come “Località abitate instabili” sono: 24 nella provincia dell’Aquila, 101 in quella di Chieti, 37 nel pescarese e 94 nel tramano. Numeri dietro i quali esistono realtà che avrebbero bisogno di una strategia coerente volta alla tutela degli aspetti ambientali. Una tutela individuata nell’impianto complessivo del Pai, dove si prevedono anche le priorità di rischio e quindi d’interveto. Uno strumento utile che tuttavia resta fermo dato che mancano i fondi per realizzare gli interventi. Infatti, il Piano che si basa su una metodologia rigorosamente scientifica riesce, oltre che a mappare il territorio, anche ad indicare il grado di probabilità del verificarsi di fenomeni di dissesto. Fenomeni che potrebbero essere innescati anche da eventi straordinari o da elementi naturali di forte intensità. Oltre al Pai che abbraccia bacini fluviali, delta e territorio, esiste un altro strumento realizzato da Legambiente e dalla protezione civile che valuta gli aspetti amministrativi, manutenzione delle sponde e opere idrauliche. Un metodo che ha portato all’individuazione di 178 comuni a rischio. Di questi 103 sono a rischio movimenti franosi, 19 a rischio alluvione e 56 che rischiano sia frane che alluvioni. Insomma metodologie che individuano rischi e pericoli di un territorio di per sé fragile e reso ancora più debole dall’urbanizzazione selvaggia e dalla crescita di insediamenti commerciali ed industriali in aree a rischio.
Fonte:Rete5.tv
Nessun commento:
Posta un commento