Uomo di polso, il proconcole della Protezione civile. Ma uomo vincente. Guido Bertolaso, sottosegretario alle emergenze e ai grandi eventi, è senz'altro uno degli artefici del successo, almeno per l'aspetto organizzativo, del vertice G8 a L'Aquila. La sua polo blu con le insegne della Protezione civile e dell'Italia sono ormai una divisa famosa. E non solo per questi tre giorni aquilani. Bertolaso l'ha portata in giro per il mondo insieme all'eccellenza italiana nei soccorsi in varie parti del pianeta. Lo tsunami tra tutte. Medico esperto di malattie tropicali, condive con Obama, il Papa e Veltroni una passione per l'Africa. e lui laggiù c'è stato ad aiutare popolazioni afflitte da epidemie ormai dimenticate alle nostre latitudini.
Chi lo ha conosciuto ai tempi del camice bianco lo ricorda come uomo di grande impegno ma «con un caratteraccio» che preferisce una discussione animata alla diplomazia. Guido Bertolaso, lontano ideologicamente da Silvio Berlusconi ne condivide la stessa filosofia di vita. Quella del fare e senza troppe chiacchiere. Del resto, abituato a districarsi tra mille problemi in zone di guerra e di epidemie nel Sud del mondo, Bertolaso ha dovuto ben presto imparare sulla sua pelle che se si vogliono risolvere le situazioni bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare.
Approda una prima volta alla Protezione civile con il governo Prodi nel 1996. Una breve parentesi poi eccolo vice commissario per il Giubileo 2000 scelto da Francesco Rutelli allora sindaco di Roma. La sala operativa di piazza Adriana all'ombra di Castel Sant'Angelo e del Cupolone, lo studio dei flussi e dei percorsi dei pellegrini sono i prodromi di ben altri eventi che vedranno Bertolaso «conductor» di successo. Incarichi svolti sempre con una squadra affiatata di fedelissimi la cui caratteristica, non è solo quella polo blu, ma la capacità di prendere decisioni immediate e trovare soluzioni in un attimo. «Tutta la macchina si è mossa tre minuti dopo il sisma. A Roma dopo 40 minuti circa. E abbiamo gestito prima da Roma poi da qui a L'Aquila l'emergenza», dirà la mattina del 6 aprile a poche ore dal terremoto che aveva colpito la provincia aquilana. La faccia imbronciata, la voce vagamente roca è abituato ad agire come un generale di fronte al nemico. Siano le eruzioni dell'Etna o dello Stromboli, i rifiuti o un evento ciclopico come la morte di Giovanni Paolo II.
Al comando di un'armata: Guido Bertolaso dispone delle parole magiche per far alzare in volo jet ed elicotteri, mobilitare eserciti ed espropiare aree, ha come obiettivo quello di risolvere le situazioni. La sua vita è una sfida continua, forse anche con se stesso. Non si risparmia e pretende lo stesso non solo dai collaboratori ma tutti coloro che lavorano per lui. Bertolaso viene chiamato da Silvio Berlusconi a dirigere la Protezione civile dopo lo scandalo della missione Arcolbaleno in Albania. Bertolaso accetta ma fa piazza pulita senza mezzi termini. E qualche dissidio si avverte anche con il premier e Gianni Letta. Ma il fare e i risultati appianano tutto.
Guido Bertolaso è dovunque con ogni governo. Mercenario dell'efficenza, guarda a una sola bandiera: quella tricolore che ostenta sul braccio. Genio silenzioso che esaudisce i desideri del Cavaliere. Gestisce fondi, appalti e acquisti senza troppe carte bollate. È l'uomo dei lavori sporchi e dell'emergenze infinite. Così rischia di affogare nel mare di rifiuti che assedia la Campania. Vacilla, fugge da direttore della Protezione civile ma poi torna forte di nuovi poteri: sottosegretario e spiana detrattori e cumuli di spazzatura. Troppo potere e soprattutto uomo troppo distante da quell'Italia pasticciona e pressapochista vista finora. Così Bertolaso si tira dietro invidie e rancori.
Oggi è inseguito da almeno tre Procure. I suoi collaboratori gettati in cella e poi rilasciati. Ma lui tira diritto. E i suoi collaboratori dietro a lui: perché la squadra è una e non si abbandona. Un'emergenza dietro l'altra. Polemiche e critiche fanno parte del gioco. Qualcuno ne chiede le dimissioni dopo il sisma a L'Aquila. «Non l'ha previsto», sostengono. Guido Bertolaso con grinta ribatte alle accuse e taglia corto deve risolvere i problemi per 60 mila persone e ci sono i dispersi da trovare. La sua tenacia e il suo cuore gli fanno tirare fuori dal cilindro la decisione di trasferire il G8 da La Maddalena a L'Aquila. Persino Silvio Berlusconi sgranò gli occhi all'idea e pensò a una furbata perché in Sardegna i lavori erano in ritardo. Bertolaso senza timori: «A La Maddalena è tutto in ordine e lo sarà anche a L'Aquila». Così è stato.
(Maurizio Piccirilli)
Chi lo ha conosciuto ai tempi del camice bianco lo ricorda come uomo di grande impegno ma «con un caratteraccio» che preferisce una discussione animata alla diplomazia. Guido Bertolaso, lontano ideologicamente da Silvio Berlusconi ne condivide la stessa filosofia di vita. Quella del fare e senza troppe chiacchiere. Del resto, abituato a districarsi tra mille problemi in zone di guerra e di epidemie nel Sud del mondo, Bertolaso ha dovuto ben presto imparare sulla sua pelle che se si vogliono risolvere le situazioni bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare.
Approda una prima volta alla Protezione civile con il governo Prodi nel 1996. Una breve parentesi poi eccolo vice commissario per il Giubileo 2000 scelto da Francesco Rutelli allora sindaco di Roma. La sala operativa di piazza Adriana all'ombra di Castel Sant'Angelo e del Cupolone, lo studio dei flussi e dei percorsi dei pellegrini sono i prodromi di ben altri eventi che vedranno Bertolaso «conductor» di successo. Incarichi svolti sempre con una squadra affiatata di fedelissimi la cui caratteristica, non è solo quella polo blu, ma la capacità di prendere decisioni immediate e trovare soluzioni in un attimo. «Tutta la macchina si è mossa tre minuti dopo il sisma. A Roma dopo 40 minuti circa. E abbiamo gestito prima da Roma poi da qui a L'Aquila l'emergenza», dirà la mattina del 6 aprile a poche ore dal terremoto che aveva colpito la provincia aquilana. La faccia imbronciata, la voce vagamente roca è abituato ad agire come un generale di fronte al nemico. Siano le eruzioni dell'Etna o dello Stromboli, i rifiuti o un evento ciclopico come la morte di Giovanni Paolo II.
Al comando di un'armata: Guido Bertolaso dispone delle parole magiche per far alzare in volo jet ed elicotteri, mobilitare eserciti ed espropiare aree, ha come obiettivo quello di risolvere le situazioni. La sua vita è una sfida continua, forse anche con se stesso. Non si risparmia e pretende lo stesso non solo dai collaboratori ma tutti coloro che lavorano per lui. Bertolaso viene chiamato da Silvio Berlusconi a dirigere la Protezione civile dopo lo scandalo della missione Arcolbaleno in Albania. Bertolaso accetta ma fa piazza pulita senza mezzi termini. E qualche dissidio si avverte anche con il premier e Gianni Letta. Ma il fare e i risultati appianano tutto.
Guido Bertolaso è dovunque con ogni governo. Mercenario dell'efficenza, guarda a una sola bandiera: quella tricolore che ostenta sul braccio. Genio silenzioso che esaudisce i desideri del Cavaliere. Gestisce fondi, appalti e acquisti senza troppe carte bollate. È l'uomo dei lavori sporchi e dell'emergenze infinite. Così rischia di affogare nel mare di rifiuti che assedia la Campania. Vacilla, fugge da direttore della Protezione civile ma poi torna forte di nuovi poteri: sottosegretario e spiana detrattori e cumuli di spazzatura. Troppo potere e soprattutto uomo troppo distante da quell'Italia pasticciona e pressapochista vista finora. Così Bertolaso si tira dietro invidie e rancori.
Oggi è inseguito da almeno tre Procure. I suoi collaboratori gettati in cella e poi rilasciati. Ma lui tira diritto. E i suoi collaboratori dietro a lui: perché la squadra è una e non si abbandona. Un'emergenza dietro l'altra. Polemiche e critiche fanno parte del gioco. Qualcuno ne chiede le dimissioni dopo il sisma a L'Aquila. «Non l'ha previsto», sostengono. Guido Bertolaso con grinta ribatte alle accuse e taglia corto deve risolvere i problemi per 60 mila persone e ci sono i dispersi da trovare. La sua tenacia e il suo cuore gli fanno tirare fuori dal cilindro la decisione di trasferire il G8 da La Maddalena a L'Aquila. Persino Silvio Berlusconi sgranò gli occhi all'idea e pensò a una furbata perché in Sardegna i lavori erano in ritardo. Bertolaso senza timori: «A La Maddalena è tutto in ordine e lo sarà anche a L'Aquila». Così è stato.
(Maurizio Piccirilli)
FONTE: IlTempo.it
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