03 settembre 2009

SOTTO INDAGINE A L'AQUILA LA PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE E L'INGV


Ci sono alcune questioni, vicende, aspetti di rilevanza nazionale di cui la popolazione non deve essere messa al corrente. E’ una strategia di "disinformazione" durevole, efficace e ben consolidata. Nulla sembra in grado di metterne in discussione la correttezza e la validità. Nemmeno il peggiore degli eventi.

E così, come al popolo aquilano è stato negato prima del terremoto il diritto di sapere ciò a cui stava andando incontro, ora al popolo nazionale viene negato il diritto di sapere che gli enti preposti alla sua sicurezza sono accusati di omicidio colposo plurimo. Salvo pochissime lodevoli eccezioni (prevalentemente organi di informazione locali e blog/siti di informazione), l’informazione nostrana ha accuratamente ignorato questa notevole vicenda.

Il 14 dicembre del 2008 aveva inizio nel territorio aquilano quell’attività sismica che avrebbe colpito l’intera provincia per oltre 8 mesi, una serie inarrestabile di scosse telluriche che durano ancora oggi. Tutto iniziò con una debolissima scossa di magnitudo 1,8. Era il prologo della fine.

Nei mesi di gennaio, febbraio e marzo le scosse vanno via via intensificandosi, in magnitudo e in frequenza, fino ad arrivare alla forte scossa del 30 marzo. Una scossa di media entità, 4 gradi Richter, in grado però di procurare una considerevole quantità di danni strutturali al capoluogo abruzzese, una città dal prezioso valore storico. Il Comune di L’Aquila, sotto ordine del sindaco Cialente, ordina la chiusura di tutti gli edifici scolastici sin dal 31 marzo ed effettua, in collaborazione con la Provincia dell’Aquila, una serie di sopralluoghi per la stima dei danni e dei rischi strutturali vigenti.

15 milioni la stima dei danni (a edifici pubblici e privati) cui fare fronte. 2 scuole risultano inagibili. Le altre se la cavano con lievi lesioni strutturali.

Gli enti locali intravedono una preoccupante escalation dell’attività sismica. Pertanto chiedono d’urgenza una riunione ad-hoc della Commissione Grandi Rischi (commissione costituita da Protezione Civile, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Centro Nazionale Terremoti, fondazione Eucentre, Ufficio Rischio Sismico della P.C. ed esponenti dell’universo scientifico nazionale), che viene fissata per il giorno successivo, il 31 marzo, proprio a L’Aquila.

Lo scopo della riunione, stando alle note ufficiali della Protezione Civile, consiste nel "fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull’attività sismica delle ultime settimane". Una motivazione che, con il senno di poi, risulta essere una beffa, una presa in giro, ben peggiore del risultato della riunione stessa.

In serata, infatti, viene pubblicato il verbale della riunione. Nelle stesse ore i componenti della Grandi Rischi rilasciano interviste e dichiarazioni presso i più svariati organi di informazione.

Abruzzo 24 Ore riporta con chiarezza il risultato della riunione: "Lo sciame sismico che interessa l’Aquila da circa tre mesi è un fenomeno geologico tutto sommato normale, che non è il preludio ad eventi sismici parossistici, anzi il lento e continuo scarico di energia, statistiche alla mano, fa prevedere un lento diradarsi dello sciame con piccole scosse non pericolose".

Al tempo stesso, si aggiunge: "Uno specifico evento sismico non può essere previsto, chi lo fa procura solo ingiustificato allarme". Una dichiarazione che va ad annullarsi da sola: si stabilisce la normalità e la regolarità dello sciame sismico, salvo poi dichiarare che è scientificamente impossibile fare previsioni. Una regola che vale per Giampaolo Giuliani ma non per gli enti legati all’esecutivo nazionale.

Ancora più esplicita la dichiarazione ufficiale di Bernardo De Bernardinis, vice-capo della Protezione Civile, riportata da Il Capoluogo d’Abruzzo: "È utile precisare che non è possibile prevedere in alcun modo il verificarsi di un terremoto e che non c’è nessun allarme in corso da parte del Dipartimento della Protezione Civile, ma una continua attività di monitoraggio e di attenzione. Rispetto alle conoscenze scientifiche attuali per quanto riguarda lo sciame sismico in atto, non ci aspettiamo una crescita della magnitudo. È lecito aspettarsi altri danni, ma sempre su questa tipologia, vale a dire su elementi secondari, come i cornicioni, ma certamente non strutturali. Non esiste, ad oggi alcuna possibilità di prevedere i terremoti. Possiamo solo capire quello che potrebbe essere lo scenario atteso".

Era possibile solo capire lo scenario atteso. E non lo si è fatto.

Se le dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa risultavano improntate alla più azzardata rassicurazione, non era da meno il verbale ufficiale della riunione rilasciato dalla Grandi Rischi. Prof. Boschi (Presidente INGV): "I forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi. Improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta". Prof. Calvi (Eucentre): "Sulla base del documento distribuito dal DPC si nota che le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti, di pochi millimetri, e perciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture. C’è quindi da attendersi danni alle strutture più sensibili alle accelerazioni, quali quelle a comportamento fragile".

Quando De Bernardinis chiede l’entità dei possibili danni successivi ad una scossa, il Professor Dolce (Direttore Ufficio Rischio Sismico Protezione Civile) "evidenzia la vulnerabilità di parti fragili non strutturali ed evidenzia come sia importante, nei prossimi rilievi agli edifici scolastici, verificare la presenza di tali elementi, quali controsoffittature, camini, cornicioni in condizioni precarie". La possibilità di danni alle strutture, alle fondamenta, veniva esclusa a priori. Dall’intera commissione. Fatta eccezione per il Professor Claudio Eva, dell’Università di Genova, che non ha rilasciato nessuna dichiarazione a verbale.

Il giorno successivo alla riunione, nonostante la mobilitazione compatta dell’apparato governativo della Grandi Rischi, permangono le forti perplessità e i dubbi del sindaco Cialente sulle conclusioni della Commissione e, navigando a forza contro la corrente della "rassicurazione" e dell’"ottimismo", porta la Giunta Comunale a deliberare una formale richiesta di dichiarazione dello Stato d’Emergenza per le zone colpite dal sisma del 30 marzo.

Queste le frasi con cui la richiesta viene presentata formalmente tramite raccomandata al Dipartimento della Protezione Civile: "In relazione ai gravi e perduranti episodi di eventi sismici il cui inizio risale al 16 gennaio scorso, sotto forma di quotidiano sciame sismico di complessive 200 scosse e oltre, culminato con scossa di quarto grado il 30 marzo scorso, chiedesi urgente e congruo stanziamento di fondi per prime emergenze, nonché dichiarazione stato emergenza ai fini dell’effettuazione dei necessari interventi di ripristino idoneità degli edifici pubblici e privati. Inoltre, si segnalano in particolare gravissimi danni strutturali in due edifici scolastici ospitanti cinquecento alunni".

La richiesta del Comune di L’Aquila trova spazio sui tanti quotidiani abruzzesi il giorno dopo la sua delibera. Non è una vicenda segreta. E’ un atto pubblico noto sin dal giorno della sua approvazione. Una richiesta ragionevole, dettata dalla giustificata paura di un incremento dell’attività sismica. Una paura tramutatasi in terrificante realtà. Ed una raccomandata lasciata marcire in dimenticatoio.

Cinque giorni dopo la richiesta inviata al Dipartimento della Protezione Civile la scossa di magnitudo momento 6.3 distrugge il capoluogo abruzzese.Lo stesso giorno della catastrofe, Bertolaso giustifica la posizione della Grandi Rischi con le seguenti parole: "Avevo chiesto la riunione perché volevo un momento di confronto (con chi?, ndr). Dopo c’è stata una conferenza stampa in cui professor Barberi e il professor Boschi più altri esperti di chiara fama hanno esaminato tutte le informazioni ed hanno stabilito che non era assolutamente prevedibile alcuna situazione di terremoto più violenta di quelle che erano state registrate". Dimentica di dire che oltre a stabilire l’impossibilità di prevedere, "gli esperti di chiara fama" (tra cui il suo facente veci, De Bernardinis) hanno stabilito che era da escludere un incremento dell’attività.Sembrava essere una storia tipicamente italica, dove valutazioni azzardate, rassicurazioni forzate e senza fondamento, volontà politiche di tenere buona una popolazione al limite del panico finiscono per indurre ad una pericolosa serenità, forse corresponsabile di alcuni dei 307 morti del 6 aprile e su cui nessuno spenderà mezza parola di critica.

Questa volta, quell’oblio tipico da "scurdammece o’ passate", non ha trovato terreno fertile. E così un avvocato del foro di L’Aquila, Antonio Valentini, pochissimi giorni fa ha presentato alla Procura della Repubblica di L’Aquila un esposto per omicidio colposo che chiama in giudizio l’intera Commissione Grandi Rischi, raccogliendo a sé numerosissime testimonianze, tra cui i tanti familiari delle vittime della Casa dello Studente.

Un’ipotesi di reato che si configura come l’opposto del "procurato allarme". E che, a differenza di quest’ultimo, può essere davvero letale.
Fonte: AgoraVox Italia

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